Spine di Mana Chuma Teatro a San Cesario di Lecce

Nella Distilleria De Giorgi di San Cesario di Lecce, prosegue il focus dedicato alla compagnia calabrese Mana Chuma Teatro nell’ambito del progetto “Teatri a sud. Astragali 40 anni di teatro“, sostenuto dal Ministero della Cultura e dalla Regione Puglia – Custodiamo la cultura in Puglia 2021 – Soggetti FUS. Venerdì 15 ottobre (ore 20:30 – INGRESSO GRATUITO) in scena Spine, storico spettacolo della compagnia scritto e diretto dai direttori artistici Massimo Barilla Salvatore Arena con Stefania De ColaMariano Nieddu e Lorenzo Praticò. Tre solitudini, tre solitudini mischiate alla pena. In una locanda, la locanda in cui Cassio perse la testa e l’incarico di luogotenente (loro dicono), tre personaggi-testimoni attraversano la storia di Otello, misurandola con le loro ambizioni-desideri-frustrazioni. Un girotondo di perdenti. Triangolo di solitudini, in un rettangolo di storia. Personaggi che sembrano fantasmi: si muovono come le foglie degli alberi di notte. Un racconto a più voci, intessuto di urla gridate sottovoce. Magdalena e Lucio, come pietre incastrate nella locanda che gli appartiene, e con loro il Becchino, incarnano questo triangolo che assume di volta in volta forme diverse, con distanze che si avvicinano e si allontanano, ma con vertici che non potranno mai toccarsi. Spine nasce da una necessità espressiva. Dall’esigenza di confrontarsi con una storia alta a partire dai margini, dai vuoti non raccontati, dalla volontà di indagare strade normalmente ignorate, sia in termini di drammaturgia che di ricerca linguistica. La lingua è strumento mobile, dominata dall’uso e dalla funzione, nella quale il “significante” si trasforma, assume colori e suoni nuovi, spiazzanti, ma sempre ai fini di un rafforzamento di “significato”, mai per se stessi, mai per pura ostentazione o funambolismo linguistico. I dialetti, le lingue anzi, si mescolano. Sardo, siciliano, calabrese (non per caso lingue madri degli attori), disposti ad un uso alto, sanno di vita, mai di quotidiano. Nell’area rimane questo impasto strano di accenti e di lingue, che ha il suo culmine nella parlata del becchino, mescolanza inventata, non lingua dei porti, ma dei morti, zeppa di ultime parole ad essi rubate, dai loro denti disincastrate (francesismi, inglesismi, spagnolismi, germanismi riutilizzati più per fascinazione di suono che di senso).

Diretta da Massimo Barilla e Salvatore Arena, la compagnia calabrese, vincitrice del Premio della Critica 2019 ANCT, è impegnata nell’ambito della nuova drammaturgia e del teatro civile. Mana Chuma sceglie fin dal principio di confrontarsi soprattutto con l’identità culturale e storica del territorio meridionale, provando a far convergere il recupero di storie, figure, moduli e stili attinti dalla tradizione culturale locale e mediterranea, con l’utilizzo di forme artistiche innovative, sviluppando un proprio approccio alla drammaturgia legato alla contaminazione tra linguaggi differenti, e curando in particolar modo la ricerca sullo spazio e la sperimentazione di luoghi “altri” per il teatro.

Sabato 16 ottobre (ore 20:30 – INGRESSO GRATUITO), infine, ultimo appuntamento con “Ossa di Crita“, reading-spettacolo tratto dal libro omonimo di Massimo Barilla (Edizioni Mesogea Culture Mediterranee) in scena accompagnato dalle musiche originali dal vivo di Luigi Polimeni. Raccolte e pubblicate per la prima volta, le poesie in dialetto reggino (con testo a fronte) sono come pietre di inciampo disseminate lungo un percorso più che ventennale di ricerca e di scrittura che attraversando il teatro giunge ai versi. Piccole concrezioni dell’anima, nutrite di parole e visioni terragne, materiali e corporee, in cui sonorità e senso sono intimamente legati. La musicalità non è solo scheletro di questo corpo di terra, ma si fa carne anch’essa, materia sonora vivente nei suoni bassi, nelle cadenze sghembe e dissonanti che chiedono voce per essere vive, per vibrare nella lingua dell’anima e della memoria: il dialetto. “È una magia quella che provoca, surfando sul niente, donando senso, tagliando il silenzio”, sottolinea Tommaso Chimenti. “Quella di Barilla è una poesia tattile e naturale, di smozzicamenti e morsi, parole artigiane, di brace, di occhi stretti, di amore e morte”.

Nel 2021 la compagnia salentina Astràgali Teatro compie 40 anni. Per celebrare questa ricorrenza nasce “Teatri a sud“, progetto sostenuto dal Ministero della Cultura e dalla Regione Puglia – Custodiamo la cultura in Puglia 2021 – Soggetti FUS, che fino a dicembre (tra la sede di Astràgali e il Teatro Paisiello a Lecce e la Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce) proporrà spettacolilaboratoriconcertiseminariuna sezione per il teatro ragazzi e la quarta edizione del Premio Teatrale Marcello Primiceri, dedicato alla memoria del fondatore della compagnia, regista e giornalista, prematuramente scomparso nel 1987 in un incidente stradale.

La compagnia Astràgali Teatro nasce nel 1981 a Lecce per fare teatro, per formare attori, per dare vita ad uno spazio di circolazione dei discorsi e delle pratiche. Riconosciuta dal 1985 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come compagnia teatrale d’innovazione, dal 2012 è sede del Centro Italiano dell’International Theatre Institute dell’Unesco ed è membro dell’Anna Lindh Euro-Mediterranean Foundation for the Dialogue between Cultures. Ha realizzato progetti artistici, spettacoli, attività in circa 30 paesi in tutto il mondo. Nel corso di questi anni numerosi spettacoli hanno trovato casa in molti luoghi si grande interesse culturale in Italia e all’estero, anche in siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.