La disciplina giuridica dei partiti politici nell’assemblea costituente e la realtà attuale

di Wojtek Pankiewicz, già docente di Diritto Pubblico dell’Università del Salento

L’intendimento di dare una caratterizzazione al partito politico, attraverso un riconoscimento giuridico, in presenza di determinati requisiti, e la tendenza alla disciplina interna, che ne garantisca, in vista della sua funzione pubblicistica, un metodo democratico interno, emergono durante i lavori dell’Assemblea Costituente italiana. Non trovano, però, spazio nella stesura definitiva dell’art. 49 della Costituzione, come chiarirò fra poco.

Meritano, infatti, di essere considerate le conclusioni del dibattito in seno all’assemblea politica, che doveva elaborare ed offrire al popolo italiano il suo fondamentale testo giuridico.

Nel resoconto sommario n. 39 della seduta della Prima Sottocommissione, svoltasi il 19 novembre 1946 e nei resoconti sommari n. 128 e n. 129 delle sedute dell’Assemblea svoltesi il 21 e il 22 maggio 1947, troviamo conferma di simile conclusione in base all’andamento del dibattito che ebbe luogo.

Tali conclusioni chiariscono che non si è voluto accedere al riconoscimento giuridico dei partiti politici.

Si è voluto evitare che l’attività di ogni partito dovesse essere oggetto di un controllo da parte dello Stato. Un controllo considerato difficile e pericoloso nello stesso tempo.

Il valore delle parole “con metodo democratico” si deve, dunque, intendere nel senso puramente esterno e non si riferisce all’organizzazione interna dei partiti, i quali, nella lotta politica, dovranno seguire il metodo della democrazia e del rispetto delle leggi sulle quali essa si fonda

Le Associazioni con organizzazione interna anti-democratica che dovessero perseguire finalità non lecite vengono, dunque, soltanto ad essere colpite dalle leggi penali nel momento in cui l’azione antidemocratica da interna dovesse divenire esterna.

Il problema dei mezzi finanziari per far funzionare i prtiti politici non viene sollevato durante i lavori preparatori. Ciò dipende dal fatto che l’esperienza politica del tempo pone di fronte all’Assemblea Costituente un modello di partito nel quale il volontarismo diffuso e le limitate strutture organizzative

fanno sì che risultino sufficienti i mezzi derivanti dai contributi dei tesserati e dei simpatizzanti.

Naturalmente, con l’evoluzione socio-economica del paese, l’adempimento del compito loro assegnato dalla Costituzione ha fatto sì che i partiti si organizzassero in modo ben più impegnativo con forme di militanza professionale e strutture permanenti sia a livello centrale che periferico. Si passa così dalla dalla concezione del partito inteso come associazione di opinione a quella attuale del partito apparato, per il quale è fondamentale il problema del reperimento dei mezzi finanziari.

Credo nella rilevanza pubblicistica del fenomeno dei partiti e nell’esistenza di un profondo legame tra essi e l’ordinamento generale dello Stato, di cui vogliono essere e in buona parte sono strutture portanti.

Sino ad oggi, il nostro ordinamento, pur considerando la rilevanza costituzionale (art. 49 della Cost. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”) dei partiti che devono consentire ai cittadini di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, pur garantendo in questo modo un libero e pluralistico esistere della realtà partitica non ha previsto alcuna regolamentazione della struttura e vita interna. Ciò mal si concilia con il ruolo fondamentale che i partiti hanno per il funzionamento dello Stato democratico. Sono favorevole a una regolamentazione legislativa che consenta ai partiti di uscire dallo stato di semiclandestinità giuridica in cui hanno prevalentemente versato fino ad oggi. Questo problema non si può, a mio avviso, più eludere.

Gli elementi che una disciplina legislativa dei partiti dovrebbe toccare sarebbero esclusivamente di forma e di struttura e non di contenuto. Come è organizzato il partito nel suo interno e verso l’esterno, come sono garantiti i diritti dei cittadini aderenti, come devono svolgersi i procedimenti riguardanti la formazione della volontà di partito, come deve avvenire la designazione dei candidati alle cariche statuali, tutti questi problemi ed altri simili attengono alla struttura organizzativa e alle forme di azione e non certamente ai contenuti.

Una vera democrazia non può non avere nei partiti politici la base vitale e la linfa per un suo più efficace e fecondo funzionamento.