Salvemini: “Oggi il clima è cambiato, prevalgono sfiducia e rabbia ma c’è bisogno di responsabile consapevolezza”

Il sindaco di Lecce Carlo Salvemini affida ai social una sua personale riflessione sull’attuale momento storico e su come viene gestito dai governi: “Siamo nel pieno di un passaggio delicatissimo, per alcuni versi drammatico. Il Paese ha bisogno di ricevere indicazioni chiare. Solo così può sentirsi partecipe di una sfida comune che chiama ciascuno ad una responsabilità individuale. Durante il lockdown questo spirito comunitario si affermò spontaneamente. Oggi il clima è cambiato, viviamo un altro tempo. Sfiducia, diffidenza, rabbia, stanchezza prevalgono rispetto alla necessità di sentirsi nuovamente tutti partecipi di una emergenza che mette seriamente a rischio la salute pubblica, la sopravvivenza dei nostri ospedali, la tenuta dell’economia e della coesione sociale. Serve un cambio di rotta nel modo di parlare al Paese. C’è tra i cittadini una diffusa richiesta di chiarezza: perché si limitano alcune attività e non altre, ad esempio; quali sono i razionali scientifici che impongono restrizioni e chiusure; come mai non si è voluto disporre – come Germania, Francia, Spagna, Regno Unito – lockdown territoriali secondo valutazioni di rischio oggettive e misurate; perché non si è fatto di più per incoraggiare l’utilizzo della app Immuni importantissima per agevolare il lavoro dei dipartimenti di prevenzione delle ASL. Non ho presunzione di suggerire come modificare la comunicazione istituzionale nel pieno di una emergenza nazionale di tipo sanitario. Ma penso ci sia tempo per rimediare. Per spiegare che quello che deve spaventarci non è la letalità del covid19 – bassa rispetto ad altre malattie – ma la dimensione pandemica del contagio che per i suoi grandi numeri impone ricoveri in terapia intensiva per i quali non abbiamo posti letto sufficienti, quelli di marzo e quelli aumentati. Per spiegare che il collasso degli ospedali metterebbe a rischio la salute dei pazienti di tutte le patologie ai quali non si potrebbero garantire cure.Per spiegare che non c’è nel mondo nessun sistema sanitario capace di reggere alla forza d’urto di una trasmissione così veloce di un virus e che quindi – in assenza di vaccino e immunizzazione collettiva – unico difesa è la limitazione delle relazioni sociali e le misure di protezione individuale.Per spiegare che in questi mesi – pur con ritardi e affanni – l’Italia ha aumentato la capacità di processare tamponi e i posti letto nelle terapie intensive, ha migliorato i protocolli di cura e la capacità di individuazione delle catene di contagio e degli asintomatici, garantisce oggi rifornimenti puntuali di tutti i dispositivi di protezione individuale. Per spiegare che se anche avessimo oggi pienamente attivi tutti i posti di terapia intensiva programmati saremmo comunque in emergenza assoluta dato aumento esponenziale dei contagi. Per spiegare che la riorganizzazione del trasporto pubblico, la modernizzazione del nostro sistema sanitario nazionale, la qualificazione delle nostre scuole non sono risultati che possono realizzarsi in pochi mesi, ma sfide che richiedono anni.Per spiegare che oggi l’Italia non è la pecora nera del mondo ma che per casi totali assoluti è al 14mo posto e al 67mo se lo normalizziamo rispetto al numero degli abitanti. Per spiegare che in tutto il mondo l’appello rivolto ai cittadini è identico: rimanete a casa il più possibile. Poche ora fa Angela Merkel ha rivolto un appello drammatico ai tedeschi. Per spiegare che di fronte alla sofferenza sociale, al disagio economico, alla crisi occupazionale si sono garantiti interventi straordinari di sostegno al sistema economico e sociale per oltre 100 miliardi di euro, pur a fronte di un debito pubblico tra i più alti d’Europa. Credo che Italia oggi abbia bisogno di verità; non di autoindulgenza né di autolesionismo. Ma di responsabile consapevolezza, di serietà nel mantenimento di impegni pubblicamente assunti, di capacità di inserire l’emergenza nazionale dentro una complessità sistemica che colpisce il mondo. Possiamo farlo. Dobbiamo farlo. Avanti, uniti”.